Il tema del precariato al CNR sta guadagnando un’attenzione crescente, specialmente tra coloro che desiderano conquistare una stabilità lavorativa. Gli assegnisti e i lavoratori a tempo determinato hanno preso posizione in questo dibattito, stringendosi in manifestazioni simboliche che richiamano a una condizione di maggiore sicurezza. Come si gioca questa partita all’interno di un ente di ricerca? Quali sono le speranze e le richieste di chi lavora senza certezze? Scopriamo insieme i dettagli di questa situazione.
L’attuale battaglia all’interno del CNR non è solo una questione scientifica ma è piuttosto una questione sindacale, che ha radici profonde nel mondo del lavoro. Gli assegnisti e i lavoratori con contratti a tempo determinato hanno deciso di “occupare” la sede principale del CNR, frontale alla famosa università “Sapienza” di Roma. Il loro obiettivo è trovare una soluzione alla loro precarietà lavorativa. In effetti, molti di loro desiderano ardentemente un percorso di stabilizzazione, dopo anni di incertezze.
Ma quanti sono esattamente i lavoratori precari al CNR? È paradossale, ma sembra che nessuno conosca il numero preciso. Secondo alcune ricostruzioni, si stima che ci siano circa 3mila assegnisti di ricerca, ai quali si aggiungono circa mille persone assunte grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza . A questi si somma un nutrito gruppo di lavoratori con contratti a tempo determinato, i cui numeri ancora non sono stati quantificati ufficialmente. Questo clima di incertezza alimenta ulteriormente la richiesta di stabilizzazione, evidenziando un problema di trasparenza e informazione all’interno dell’ente di ricerca.
Quindi quali sono le richieste concrete dei precari del CNR? Gli associati chiedono esplicitamente l’applicazione della “Legge Madia”, formalmente conosciuta come articolo 20 del decreto legislativo 75/2017. Questo provvedimento, prorogato fino al 31 dicembre 2026, offre la possibilità agli enti pubblici di ricerca di stabilizzare i lavoratori precari. La questione centrale riguarda l’identificazione dei requisiti necessari per l’assunzione, affinché tutti coloro che ne hanno diritto possano finalmente avere una chance.
L’ultima grande azione di stabilizzazione si è avuta nel 2018, quando l’allora presidente del CNR, Massimo Inguscio, ha avviato un percorso che ha coinvolto circa 2.000 lavoratori. Questo processo è stato articolato in più fasi e ha consentito a molti di entrare ufficialmente nel mondo del lavoro, ma ha escluso un numero comunque significativo di precari che sono rimasti senza risposta. Pertanto, è chiaro che la questione della stabilizzazione è ancora molto attuale e sentita.
Adesso, la responsabilità di indirizzare questa delicata situazione è nelle mani della nuova presidente del CNR, Maria Chiara Carrozza. Le aspettative sono alte e tutti ripongono speranze che il suo operato possa portare finalmente a una soluzione concreta. I sindacati hanno già fatto sapere che chiedono una ricognizione precisa di quanti possiedono i requisiti secondo la Legge Madia, insieme a una programmazione ben definita riguardante i futuri ingressi.
Nel frattempo, l’incertezza persiste. Stando a quanto stimato, ci sarebbero circa 1800 lavoratori che potrebbero teoricamente accedere a questa stabilizzazione. Tuttavia, senza un conteggio ufficiale, la ricerca di una soluzione ai problemi del precariato al CNR rimane una sorta di mistero. Ogni giorno che passa, cresce il bisogno di una risposta chiara e di azioni consequenziali per ridare dignità a chi lavora nel mondo della ricerca, meritando finalmente luoghi e opportunità di lavoro più sicuri e stabili.