Il Centro Nazionale di Ricerca a Roma è al centro di un acceso dibattito riguardante le condizioni di lavoro e il futuro di oltre 4000 ricercatori precari. Questa situazione di precarietà sta generando una forte mobilitazione tra i lavoratori, che chiedono un cambiamento e una stabilizzazione delle loro posizioni. La lotta per i diritti dei ricercatori non è solo un tema amministrativo, ma colpisce profondamente il mondo della ricerca stessa, influenzando progetti cruciali per il nostro paese.
A Roma, la recente manifestazione presso il CNR ha messo in evidenza il malcontento di molti ricercatori e tecnologi, spesso frustrati dalla mancanza di stabilità nel loro lavoro. Valentina Tomassoni, ricercatrice e tecnologa con un ampio curriculum, ha avuto un contratto a tempo determinato in scadenza entro poco più di un mese. “Mi sento a scadenza”, dichiara, esprimendo un sentimento condiviso da molti. Con esperienze accumulate in oltre dieci anni, Valentina racconta di come questa continua incertezza la faccia sentire in un limbo, incapace di pianificare il proprio futuro. Ogni giorno, un sentimento di malessere accompagna il lavorare nei laboratori, mentre la ricerca avanza ma con un personale sempre più demotivato.
Il 17 gennaio 2025 è la data che la prospettiva di Valentina, e la sua espressione “a scadenza” non è casuale: riflette una realtà in cui molti si sentono come un contratto temporaneo in attesa di una cancellazione. Un grande striscione all’interno dell’aula magna recita: “Basta precariato. Reclutamento straordinario subito”. La protesta non è solo un atto di ribellione, ma rappresenta una richiesta chiara e urgente che risuona in tutto il paese, alimentando il desiderio di cambiamento.
La lotta per la ricerca: il supporto di unione e solidarietà
Durante la manifestazione, Rosa Ruscitti della Flc Cgil Roma ha espresso la sua frustrazione nei confronti delle priorità del governo, sottolineando che mentre si discute di riduzioni di dieci euro sul canone Rai, urge un focus serio sulla ricerca. La solidarietà tra i lavoratori si fa sentire e, come spiegato da Ruscitti, il gruppo di protestatori è arrivato da vari angoli d’Italia per condividere le proprie esperienze e unirsi per una causa comune. Il precariato, infatti, non colpisce soltanto gli individui, ma ha ripercussioni dirette sulla qualità e sulla continuità della ricerca scientifica.
Rossella Lucà, Coordinatrice Nazionale del CNR per Uilrua, fornisce dati allarmanti citando che nel CNR i precari sono ben 4000. “Ogni giorno portano avanti progetti finanziati con fondi del PNRR”, afferma con fermezza, evidenziando l’impatto positivo che queste iniziative possono avere per l’Italia. Tuttavia, senza aiuti e piani di assunzione chiari, la qualità della ricerca rischia di essere compromessa. Un finanziamento straordinario e una programmazione accurata sono perciò richieste non più rinviabili, necessarie per garantire che chi lavora nei laboratori possa farlo in un clima di sicurezza e professionalità.
Attese di stabilizzazione e frustrazioni
A ulteriore conferma della difficile situazione, Antonio Sanguinetti, altro ricercatore del CNR, racconta di colleghi che ormai da anni sono in attesa di stabilizzazione. Questi professionisti hanno passato selezioni e si sono dedicati a lavori importanti, vedendo però sfumare le loro speranze di un contratto a tempo indeterminato. Scioccante è il fatto che, nonostante i sacrifici e i contributi forniti, il futuro rimanga incerto. “La presidente ci ha detto che non intende fare stabilizzazioni, ma solo concorsi”, spiega con un velo di amarezza.
All’interno del CNR, tra coperte e sacchi a pelo, i ricercatori di mezza età si ritrovano a lottare per un futuro migliore. Queste scenette quotidiane, che vedono persone stravolte e in difficoltà, parlano di un’atmosfera di sfiducia e di desolazione. “La nostra vita è in bilico di anno in anno”, dichiara un altro manifestante, affermando che è difficile persino pensare di programmare una vita quando si è sottoposti a una costante precarietà lavorativa.
Implicazioni della precarietà nella ricerca
Incalzante è la riflessione di Valentina Tomassoni sul fatto che la precarietà della posizione non danneggia solo i lavoratori ma compromette anche la qualità dei progetti portati avanti. Ogni anno uno staff cambia e le continue interruzioni generano difficoltà nel mantenimento e nello sviluppo di idee a lungo termine. Lavorare in condizioni di incertezze costanti influisce negativamente, non solo sul morale, ma anche sulla produttività generale di ricerche che potrebbero arricchire il campo scientifico.
Nella battaglia che si sta consumando tra le mura del CNR, si evidenzia quindi un punto cruciale: un sistema di ricerca efficiente e attrattivo ha bisogno di stabilità lavorativa per i suoi ricercatori. Non si parla soltanto di assunzioni, ma di costruire ambienti di lavoro dove il talento possa prosperare senza freni. La mobilitazione continua, e la speranza di un cambiamento rimane viva, anche se le attese possono sembrare interminabili.