Disabilità e inclusione: il caos nella formazione degli insegnanti di sostegno

La questione del sostegno agli alunni con disabilità continua a creare frizioni nel sistema scolastico italiano. Il dibattito si infiamma attorno ai corsi di specializzazione promossi dall’Indire, di cui si sono perse le tracce e che sembrano non soddisfare le necessità pratiche delle scuole. In aggiunta, l’attesa per la convocazione dell’Osservatorio nazionale per l’inclusione, recentemente ricostituito, sembra prolungarsi indefinitamente, lasciando molte questioni aperte nella gestione delle risorse umane nel settore scolastico.

Corsi di specializzazione: polemiche e incertezze

I corsi di specializzazione per il sostegno, definiti “light e aperti”, sono al centro delle contestazioni avanzate dal sindacato Flc-Cgil. La segretaria generale Gianna Fracassi, schieratasi contro questo modello formativo, sottolinea che non sono sufficienti corsi brevi che non garantiscono le competenze necessarie per affrontare le sfide complesse legate all’insegnamento agli alunni con disabilità. Secondo Fracassi, l’approccio attuale ignora le esigenze qualitative richieste dai programmi educativi. C’è quindi un chiaro disaccordo sul modo in cui vengono gestite le pratiche di formazione, il che genera un clima di incertezza tra gli insegnanti e le scuole.

In un contesto in cui aumentano le richieste di supporto per gli alunni con disabilità, il diritto all’istruzione di qualità sembra essere compromesso dalla mancanza di percorsi formativi adeguati. La leader sindacale denuncia la creazione di un “ricorsificio” che promuove un’immagine distorta secondo la quale sia possibile evitare i normali percorsi di specializzazione. Questo non solo mina la professionalità degli insegnanti, ma trasmette anche un messaggio sbagliato: che le competenze specifiche non siano necessarie per un supporto adeguato.

La questione degli organici: una sfida da affrontare

Un altro aspetto critico evidenziato da Fracassi riguarda l’organico di fatto, particolarmente elevato nel sostegno. Ogni anno, si registrano almeno 60-70mila supplenti assunti, molti dei quali privi della specializzazione in didattica speciale. Questo fenomeno rispecchia un modello di assunzione che si basa sulla precarizzazione del personale, portando a una gestione inefficace delle risorse umane nelle scuole. La mancanza di stabilità e di un organico adeguato rischia di compromettere non solo la qualità dell’insegnamento, ma anche il processo di inclusione per gli alunni disabili.

Fracassi fa leva su un’iniziativa necessaria: lavorare a stretto contatto con le Università, specialmente in alcune aree del Nord Italia, per incrementare i posti disponibili dedicati alla formazione di insegnanti specializzati nel sostegno. Le Università rappresentano un tassello fondamentale per aumentare la qualità della formazione e preparare professionisti capaci di affrontare le esigenze di alunni con disabilità.

Necessità di una riforma strutturale

Il dibattito attuale sui corsi di specializzazione e sull’assegnazione degli insegnanti di sostegno evidenzia l’urgenza di una riforma strutturale del sistema scolastico. L’assenza di protocolli chiari e di corsi adeguati minaccia di vanificare gli sforzi per garantire un’istruzione inclusiva e di qualità. È fondamentale che le istituzioni si adoperino per stabilire percorsi di formazione coerenti e rispettosi delle normative, evitando situazioni che possano compromettere la serietà e l’efficacia dell’insegnamento.

In un momento in cui i temi dell’inclusione e della diversità sono al centro del dibattito educativo, è vitale che le decisioni future siano orientate a risolvere le problematiche esistenti, promuovendo dunque un cambiamento duraturo nel panorama scolastico. Solo attraverso un’azione concertata e diffusa sarà possibile garantire a tutti gli alunni, indipendentemente dalle loro abilità, un percorso educativo che possa realmente rispondere alle loro esigenze.

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Martina Ferretti