Un’emergenza nell’Università italiana: l’allerta della Rete delle Società scientifiche
Nel cuore dell’Università per Stranieri di Siena si è svolto un incontro cruciale, dove il rettore Tomaso Montanari ha espresso con forza una questione di vitale importanza per il mondo accademico: la difesa dell’Università pubblica. Con slogan incisivi come “difendiamo l’Università pubblica in pericolo” e “insorgere e risorgere, è l’ora di combattere”, Montanari ha lanciato un appello alla mobilitazione contro i tagli previsti dalla Legge di Bilancio 2025. È una questione che va oltre le singole università; c’è in ballo il futuro dell’istruzione e della ricerca in Italia, un sistema che rappresenta una risorsa fondamentale per il progresso sociale ed economico del Paese.
La riunione ha visto la partecipazione di un ampio schieramento di rettori, tra cui quelli di Siena, Firenze, Pisa, Sant’Anna e Roma3, nonché rappresentanti di importanti istituzioni accademiche e sindacali. L’atmosfera era carica di frustrazione e determinazione: i numeri parlano chiaro, con 173 milioni di euro di tagli al Fondo di finanziamento ordinario previsti per il 2024. A questo si aggiungono proiezioni ancora più preoccupanti per i successivi anni, con tagli che si accumuleranno e che, nella Legge di Bilancio 2025, ammonterebbero a 247 milioni nel 2025, 239 nel 2026 e 216 nel 2027. Senza contare il mancato adeguamento Istat degli stipendi dei docenti, che risulta anch’esso gravoso.
Montanari ha fatto notare come questa situazione sembri riflettere un’involuzione autoritaria all’interno del sistema educativo. Ha paragonato la situazione italiana a quella ungherese, sostenendo che si sta assistendo a un controllo sempre più forte sulla governance universitaria. Secondo le stime, molte università, anche quelle grandi del Nord Italia, sono al collasso, incapaci di fare nuove assunzioni e di continuare la ricerca. La preoccupazione di Montanari si sofferma anche sull’internazionalizzazione promossa dal Ministero, che rischia di trasformarsi in una fuga di cervelli verso Paesi esteri, impoverendo ulteriormente le università italiane e incrementando la precarietà dei lavoratori nel settore.
Rischi e conseguenze del ridimensionamento
Il professor Mario Pianta, presidente della Società Italiana di Economia, ha messo in evidenza le ripercussioni del ridimensionamento. Non si tratta solo di numeri, ma di una vera e propria trasformazione della qualità del sistema educativo. Sono in arrivo tagli che intensificheranno il precariato nel settore accademico, con l’introduzione del “pre-ruolo” per l’insegnamento e l’aumento del ricorso a professori esterni. Senza contare il supporto crescente verso le università telematiche, che beneficiarei di sgravi fiscali, creando una netta disparità con le istituzioni statali.
Il dibattito si fa acceso, e le preoccupazioni sono condivise: negli ultimi dieci anni, 15.000 ricercatori italiani hanno cercato fortuna all’estero. La situazione è allarmante: l’Italia ha uno dei tassi più bassi di occupazione tra laureati e il numero di nuovi laureati diminuisce costantemente, mentre le lauree ottenute online sembrano più attraenti per molti giovani. L’assenza di una voce forte e unita da parte della CRUI, la Conferenza dei rettori, ha spinto le rese a formarsi, al fine di spingere il Governo a fare un passo indietro su queste scelte devastanti.
La risposta delle università toscane ai tagli
In un contesto nazionale così complicato, il panorama accademico toscano si fa emblematico. Le stime sui tagli alle università regionali chiariscono la gravità della situazione. Per l’Università di Pisa, sono previsti 16,5 milioni di euro in meno, corrispondenti al 6,5% del finanziamento. Anche l’Università di Firenze subisce un colpo, con una riduzione di 17 milioni di euro, vale a dire il 7,5%. La situazione è simile anche per l’Università degli Studi di Siena, che deve fronteggiare una diminuzione di 8,2 milioni di euro .
Il rettore dell’Università di Siena, Roberto di Pietra, ha recentemente sollevato questioni cruciali all’assemblea della CRUI, chiedendo un’azione ferma e determinata. I tagli, già noti da diverse settimane, continuano a pesare come un macigno su un sistema già vulnerabile. Di Pietra ha sottolineato come il Fondo di finanziamento ordinario sia essenziale per garantire il funzionamento delle università, e non può essere confuso con le somme straordinarie del Pnrr. Le università pubbliche non sono semplicemente “fabbriche di lauree”, ma centri vitali per l’istruzione e il progresso. È urgente agire e proteggere l’istruzione pubblica in un contesto di crescente concorrenza e sfide globali che sembrano sempre più complesse.