Indagine su Hiv: poca informazione, pochi test e tanto stigma. Scopri di più!

In occasione della presentazione del libro bianco dal titolo “Le parole per tornare a parlarne”, il tema dell’Hiv è riemerso con necessità e urgenza. È emerso chiaramente, infatti, che sebbene gli italiani si dichiarino informati sul virus, la realtà è ben diversa. Solo una piccola frazione della popolazione ha una conoscenza profonda e corretta. Le statistiche parlano chiaro: meno del 11% degli intervistati afferma di sapere “molto” riguardo all’Hiv. La poca consapevolezza è la causa di gravi fraintendimenti riguardo alla trasmissione del virus e da qui nasce la necessità di tornare a parlare e discutere su questo argomento sfuggente.

Confusione e disinformazione: il divario tra consapevolezza e realtà

La disinformazione sul tema dell’Hiv è allarmante. Infatti, emerge che il 14,5% degli italiani crede erroneamente che sia sufficiente baciarsi per contrarre il virus, mentre l’11,8% pensa sia possibile infettarsi usando bagni in comune. Anche le credenze più strampalate, come quella che il virus possa essere trasmesso da una zanzara, sono ben radicate: questo 16,6% di malintesi è un sintomo inquietante di una cultura che ancora fatica a sbloccarsi. Il risultato? Un terzo della popolazione si considera a rischio “nullo”, il che spiega perché solo il 29,3% delle persone che si ritiene informato ha mai fatto il test per l’Hiv. È evidente la necessità di migliorare l’informazione e la formazione riguardo i metodi di prevenzione e trattamento dell’Hiv, rendendoli più accessibili, comprensibili e riducendo il pregiudizio che ancora grava su questo argomento.

Un ulteriore aspetto critico è rappresentato dalla scarsa conoscenza delle strategie di prevenzione, come la profilassi pre-esposizione , nota solo al 6,7% delle persone, e la presenza dei checkpoint, presidi sanitari fondamentali per la prevenzione. Nonostante il loro ruolo strategico, il 56,5% della popolazione non è a conoscenza della loro esistenza. Questo è un segno che c’è bisogno di un profondo cambiamento culturale e informativo per elevare il livello di consapevolezza collettiva.

Il libro bianco: un nuovo inizio per la discussione sull’Hiv

Il libro bianco “Hiv. Le parole per tornare a parlarne” non è solo una raccolta di dati; è un invito a riaccendere il dibattito e a prendere coscienza di un problema che non può essere ignorato. Il documento è stato elaborato in collaborazione con clinici, associazioni e rappresentanti delle istituzioni, ed è fondato su quattro parole chiave: prevenzione, stigma, checkpoint e qualità di vita. L’intento è chiaro: riportare l’Hiv all’attenzione della società. È un passo necessario per affrontare le problematiche e le esigenze che ancora oggi influenzano la vita delle persone affette dal virus.

Il libro e l’evento di presentazione sono parte integrante della campagna “Hiv. Ne parliamo?”, lanciata da Gilead Sciences e supportata da 17 associazioni di pazienti. Questa iniziativa si pone come obiettivo principale quello di combattere lo stigma e chiarire le informazioni errate che circolano sull’Hiv, elevando la consapevolezza dei servizi disponibili e delle opzioni di prevenzione per tutti.

L’importanza della diagnosi precoce e dell’aderenza alle terapie

Ogni anno, in Italia, ci sono oltre 2.000 nuove diagnosi di Hiv. Una cifra che sottolinea quanto sia cruciale tornare a parlare di prevenzione. La metà delle nuove diagnosi avviene in fase avanzata di malattia, spesso con sintomi già evidenti. Andrea Antinori, direttore del Dipartimento Clinico dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, ha evidenziato che sono più di 10.000 le persone che non sanno di avere il virus. Per affrontare questa situazione, è essenziale incrementare la cultura del rischio e migliorare il tasso di utilizzo di strumenti di prevenzione, inclusi test e profilassi. La capillarità d’azione deve aumentare, amplificando l’accesso ai servizi, i checkpoint devono essere sostenuti anche con fondi pubblici.

La consapevolezza di concetti chiave come la sigla U=U è fondamentale. Infatti, solo il 22,9% degli italiani conosce che le persone con una carica virale non rilevabile non possono trasmettere il virus. È un’informazione vitale che combatte lo stigma e promuove la salute pubblica, ed evidenzia l’importanza di un’informazione corretta.

Checkpoint: un approccio innovativo alla salute

I checkpoint rappresentano una realtà ancora poco conosciuta, ma hanno un ruolo cruciale per la comunità. Questi spazi sono gestiti dalla comunità per la comunità, con un approccio orizzontale, dove l’informazione e il supporto sono accessibili a tutti. È importante che la popolazione conosca questi luoghi, dato che il 56,5% degli intervistati non ne ha mai sentito parlare. Qui, le persone possono ricevere supporto psicologico, eseguire test e accedere a opzioni di prevenzione, il tutto in un ambiente accogliente e privo di stigmi.

Daniele Calzavara, Coordinatore Milano Check Point ETS, ha sottolineato che il checkpoint è un posto sicuro e inclusivo, dove le persone possono sentirsi a proprio agio condividendo le proprie esperienze. Il lavoro in questo ambito non si concentra solo sulla prevenzione delle infezioni, ma anche sulla promozione di una sessualità sana e consapevole. Riconoscere i rischi e affrontarli è parte integrante della missione dei checkpoint.

Riflessioni finali e prospettive future

La situazione riguardo all’Hiv in Italia è complessa e merita attenzione. È fondamentale ripristinare la discussione pubblica su questo tema e combattere il pregiudizio che circonda le persone che vivono con il virus. Frederico Da Silva, General Manager di Gilead Sciences Italia, ha messo in evidenza come sia necessario continuare a impegnarsi per garantire innovazione e collaborazione. La lotta contro l’Hiv è una battaglia che non dovrebbe essere dimenticata, ma richiede sforzi congiunti da parte di tutti per raggiungere l’obiettivo di porre fine a questa epidemia e garantire una vita dignitosa a tutti coloro che vivono con il virus.

Published by
Ludovica Rossi