L’universo accademico dei dottori di ricerca italiani è avvolto da luci e ombre. Il Rapporto 2024 di AlmaLaurea, una importante fonte su profilo e condizione occupazionale, svela una situazione complessa. Da un lato, c’è una crescita significativa nel tasso di occupazione che ora si attesta al 91,5% un anno dopo il conseguimento del titolo. Dall’altro, però, l’insoddisfazione per i compensi economici continua a farsi sentire, con una media di circa 1.900 euro mensili, lasciando molti dottori di ricerca con l’amaro in bocca.
Il Rapporto mette in evidenza come, nonostante l’incremento delle opportunità lavorative, il trattamento economico non sembri allineato con le aspettative. Solo il 40,7% degli intervistati considera adeguata la borsa ricevuta. Questo è un dato che invita a riflettere: se da un lato cresce il numero degli enti e dei progetti che finanziano la ricerca, dall’altro lato gli stipendi rimangono ben lontani da aspettative meritocratiche. I dottori di ricerca, in un contesto di sviluppo economico come quello incentivato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza , sperano legittimamente che gli investimenti si traducano in condizioni lavorative più vantaggiose. Ma il ritardo accumulato nel decennio 2021-2022 è difficile da colmare.
In un contesto internazionale, l’Italia si posiziona male: solo lo 0,6% della popolazione adulta in età lavorativa è composta da dottori di ricerca. Solo pochi paesi affrontano un quadro peggiore: Ungheria, Turchia e Lettonia si attestano allo 0,5%, il Cile allo 0,3% e il Messico brinda con appena lo 0,1%. Questi dati creano un’immagine allarmante, in quanto non solo evidenziano le difficoltà occupazionali, ma mostrano anche una scarsità di valorizzazione del titolo di dottore di ricerca sul mercato del lavoro.
Un’identità in evoluzione: il profilo dei dottori di ricerca
Analizzando il rapporto e i dati riportati, emerge una fotografia chiara e precisa del profilo dei dottori di ricerca di 43 atenei italiani. La rilevazione ha coinvolto circa 6.100 dottori di ricerca del 2023, offrendo un’analisi trasversale. Ad esempio, l’età media di chi consegue il titolo è di 32,4 anni, ma oltre la metà degli intervistati lo raggiunge prima di compiere 30 anni. Questo suggerisce che i giovani stanno investendo sempre di più in percorsi di laurea avanzati, però si pongono grosse interrogazioni riguardo al futuro.
Un dato molto rilevante è quello legato al genere. Le donne, nel complesso, rappresentano il 48,5% del campione. Questa cifra si allinea perfettamente con i dati riportati dal Ministero dell’Università e della Ricerca per l’anno 2022. Tuttavia, un confronto con i laureati di secondo livello fa emergere un fenomeno inusuale: man mano che si sale di livello nella scala dell’istruzione, la percentuale femminile tende a diminuire. Infatti, solamente il 60,2% delle laureate fa parte dell’indagine di AlmaLaurea.
Le sfide di genere nelle discipline accademiche
Partendo dall’analisi per area disciplinare, si scopre un aspetto particolarmente critico legato alla presenza femminile nelle scienze. Nelle discipline STEM, la partecipazione delle donne è significativamente inferiore al 50%. Nelle scienze economiche, giuridiche e sociali, per esempio, le donne rappresentano il 48,1%, mentre nelle scienze di base questa scarsa rappresentanza scende ulteriormente al 36,3%. Il caso dell’ingegneria è ancora più preoccupante, con solo il 30,8% di presenza femminile. Al contrario, nelle scienze della vita la situazione è rovesciata: qui le donne raggiungono una partecipazione maggioritaria, fermandosi al 63,9%. Anche nelle scienze umane, le donne sono al 57,9%.
Questo quadro di partecipazione diseguale suggerisce un aspetto di fondo che merita attenzione e discussione. Le istituzioni accademiche e i centri di ricerca potrebbero trarre vantaggio analizzando le barriere che impediscono un accesso equo e, di conseguenza, valorizzando il lavoro e le competenze di tutte le donne e gli uomini nei settori scientifici e tecnologici. La strada da percorrere è lunga ma fondamentale per il futuro della ricerca in Italia e il riequilibrio della rappresentanza di genere.