La ricerca e sviluppo è un tema caldo in Italia, soprattutto in un periodo di cambiamenti così rapidi e complessi nel panorama economico globale. Recentemente, la manovra del governo ha portato a un nuovo quadro normativo che influisce direttamente sulle imprese, dalle grandi aziende fino alle piccole e medie imprese . Questo articolo esplora l’attuale situazione degli incentivi per la R&S, le nuove leggi e l’importanza della certificazione. Il tutto alla luce della necessità di innovare in un contesto sempre più competitivo.
Con il decreto di bilancio per il 2024, il governo ha introdotto un nuovo regime di incentivi fiscali per le aziende italiane che investono in ricerca e sviluppo. In sostanza, queste misure prevedono un incentivo fiscale del 15% per le spese sostenute fino alla fine del 2024. Questo percentuale scenderà, però, al 10% nel 2025. Tali incentivi sono soggetti a un tetto di 5 milioni di euro fino al 2031, ma le differenze tra le varie nazioni europee sono evidenti. Infatti, guardando ai paesi come Spagna, Francia, Regno Unito, Germania e Danimarca, è possibile notare che mediamente si attesta attorno al 25%. Inoltre, le aliquote sono molto diverse a seconda del tipo di impresa.
Questa nuova situazione ha portato a molteplici riflessioni sul che cosa significhino realmente questi incentivi per il mondo imprenditoriale italiano. Da una parte, non è difficile intuire che gli effetti positivi di tali sgravi fiscali potrebbero essere piuttosto limitati. Gli imprenditori hanno percepito che l’agenzia delle entrate è molto attiva nel valutare l’affidabilità dei progetti di ricerca e sviluppo e ciò ha portato a una certa disincentivazione soprattutto per le piccole e medie imprese. Infatti, per le PMI, la possibilità di accedere a questi incentivi può trasformarsi in un’illusione, dato che il vantaggio economico si riduce drasticamente rispetto agli sforzi necessari per ottenerli.
In passato, il sistema italiano ha faticato a distinguere tra investimenti in nuove tecnologie e quelli in ricerca e sviluppo. Questo ha reso il quadro normativo molto più complicato, e nel corso degli anni abbiamo assistito a una continua revisione delle norme. Questo ha portato il credito d’imposta a scendere dal 50% iniziale fino all’ambizioso 10% previsto a partire dal 2025! Per mitigare il numero crescente di contenziosi tra imprese e Agenzia delle Entrate, è stato istituito un albo dei certificatori, una mossa che mira a garantire maggiore chiarezza e ordine.
Uno dei punti chiave della nuova legge è il crescente bisogno di certificazione per accedere ai benefici fiscali ricollegati alla ricerca e sviluppo. Molti investimenti da parte di grandi aziende e PMI sono attualmente sotto l’occhio attento dell’Agenzia delle Entrate. Infatti, si sta praticamente assistendo a un boom di richieste di certificazione che coinvolgono somme che arrivano a diverse centinaia di milioni di euro.
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha creato l’albo dei certificatori proprio per assicurare una rigida supervisione sui progetti che richiedono incentivi fiscali. Questo al fine di garantire la trasparenza, dato che sia la ricerca sia gli incentivi fiscali hanno bisogno di affidabilità. I certificatori, esperti formati, hanno il compito di esaminare che i progetti presentati dalle aziende rispettino le linee guida della normativa. Tra i fattori considerati ci sono l’innovatività e la rilevanza tecnologica degli investimenti. La certificazione dall’esperto conferisce alle aziende un vantaggio: vengono esentate dai controlli dell’Agenzia delle Entrate, velocizzando così il processo.
Il decreto del 4 luglio 2024 ha incaricato i certificatori dei criteri di valutazione. Questi si fondano sul manuale Frascati, un documento sviluppato negli anni ’60 dall’OCSE per misurare l’impatto delle iniziative di ricerca e sviluppo. Parallelamente, il governo ha fissato principi fondamentali per l’eleggibilità dei progetti di ricerca, che sono di natura qualitativa. Questi criteri includono innovatività, rischiosità, replicabilità, sistematicità e creatività. È evidente quindi quanto sia vitale il ruolo dei certificatori come NSBProject, il cui obiettivo è garantire che il credito d’imposta venga rilasciato solo a coloro che investono veramente nel futuro.
Pur riconoscendo il valore dell’albo dei certificatori e i criteri di valutazione del MIMIT, appare chiaro che c’è bisogno di un approccio ancora più completo e articolato per affrontare le sfide della transizione digitale e green. Un sistema di misurazione scientifico e oggettivo delle iniziative di ricerca e sviluppo potrebbe fornire alle aziende informazioni preziose e trasparenti.
Questo permetterebbe una più efficace allocazione delle risorse e potrebbe farsi leva per attrarre investimenti esterni o facilitare l’accesso al credito. Le aziende avrebbero la possibilità di dimostrare l’impatto reale dei loro sforzi in R&S, migliorando così la distribuzione equa degli incentivi fiscali. L’evoluzione delle metodologie di misurazione e l’affinamento dei criteri di valutazione vogliono rendere questo sistema uno strumento utile e oggettivo per politiche fiscali dedicate alla ricerca.
In un contesto in continua evoluzione come quello attuale, un sistema di misurazione che riesca ad andare oltre i tradizionali criteri qualitativi rappresenta una prospettiva entusiasmante. Solo così potremo favorire una reale innovazione e stimolare la crescita economica necessaria per affrontare le sfide del futuro.