
«Non ci sono prove concrete che dimostrino che i contatti fisici del professore con gli alunni abbiano coinvolto zone erogene o che fossero motivati da intenti sessuali». Questa è la motivazione fornita dal giudice per le indagini preliminari di Roma, Giulia Arcieri, che ha portato all’assoluzione di M.S., un insegnante di un istituto situato nel nord di Roma, accusato di violenza sessuale nei confronti di diverse studentesse minorenni. Secondo il giudice, non sussiste alcun fatto. Nelle motivazioni, si legge: «È possibile che gesti innocui da parte dell’insegnante siano stati interpretati come atti sessualizzati» e che le ragazze abbiano subito un’influenza reciproca, essendo tutte amiche, raccontando «eventi mai accaduti». Il pubblico ministero Maria Perna ha già presentato ricorso in Appello, definendo le motivazioni del giudice come «erronee e illogiche». Gli avvocati di M.S., Roberto Borgogno e Nunzia De Ceglia, hanno commentato: «La sentenza si distingue per un’analisi approfondita e un ragionamento coerente, escludendo la presenza di prove a sostegno delle accuse, quindi sorprende la decisione di impugnarla».
I fatti del caso
M.S., nel corso delle indagini e del processo, ha sempre sostenuto la propria innocenza, esprimendo anche incredulità riguardo alle accuse mosse nei suoi confronti. Le accuse sono emerse da una conversazione tra due ragazze, avvenuta nel marzo 2023, nella casa di una di esse. Durante quella conversazione, una madre, passando vicino alla stanza, ha udito le figlie parlare di un «professore pedofilo» che avrebbe toccato il fondo schiena delle alunne. Da questo episodio, è iniziato un susseguirsi di comunicazioni tra i genitori delle ragazze, le stesse alunne e la dirigenza scolastica, culminando nell’accusa contro l’insegnante. Il giudice ha evidenziato che questo scambio di informazioni ha potuto generare condizionamenti e suggestioni, portando a falsi ricordi e ricostruzioni errate. Questo dubbio è supportato da alcune conversazioni poco chiare tra due delle dieci alunne coinvolte, caratterizzate da frasi come «mi avevano detto» e pochi ricordi precisi. Il professore ha dichiarato di essere «molto affabile ed empatico» con gli studenti, ammettendo di scherzare con loro e di avvicinarsi ponendo la mano sulla spalla o dando loro dei colpetti sulla schiena.
Il giudice ha notato che quasi nessuna delle ragazze ascoltate ha descritto situazioni di disagio o imbarazzo, con alcune che hanno specificato che gli episodi erano vissuti normalmente e rivalutati come inadeguati solo in seguito al confronto con altre compagne.
Le incongruenze nelle accuse
Sono state ascoltate dodici alunne di diverse classi dagli inquirenti; alcune di queste erano amiche strette, mentre altre frequentavano gli stessi corsi extrascolastici. È molto probabile che si siano verificate «suggestioni tra di loro», con l’uso improprio della parola «pedofilo» a seguito di una lettura distorta del comportamento confidenziale del docente. Gli abusi denunciati sarebbero avvenuti in presenza di altri alunni, ma nessuno nella classe ha mai notato nulla di anomalo. A favore dell’assoluzione del docente, si è anche considerata la tempistica delle accuse. Infatti, tra i documenti del caso figurano alcuni brutti voti assegnati dal professore alle alunne nel marzo 2023, periodo in cui le accuse hanno cominciato a circolare. Inoltre, secondo alcune testimonianze, sarebbe esistito un video su TikTok, mai rinvenuto, in cui «alcuni alunni si vantavano delle attenzioni del professore». A seguito di questi elementi, il giudice ha ritenuto di assolvere M.S., mentre il pubblico ministero ha presentato un ricorso. Gli avvocati dell’insegnante hanno dichiarato: «Affronteremo il nuovo giudizio d’appello con la stessa serenità, sperando di riscontrare imparzialità e serenità nei giudici di secondo grado».