La tensione a Roma cresce, e con essa la determinazione dei lavoratori precari del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Da ieri, i rappresentanti di questo importante ente di ricerca italiano sono scesi in piazza, occupando simbolicamente la sede di piazzale Aldo Moro. La mobilitazione è iniziata dopo un’assemblea che ha visto la partecipazione di circa duecento persone, tutte unite dalla stessa lotta: la stabilizzazione del proprio lavoro. Questa azione è non solo una richiesta di diritto, ma un grido di aiuto per il futuro di centinaia di professionisti che si trovano in una situazione di precarietà.
L’assemblea di ieri non è stata solo un incontro, ma un vero e proprio momento di sintesi e di confronto. Antonio Sanguinetti, ricercatore precario e portavoce dei lavoratori, ha condiviso emozionanti testimonianze di colleghi provenienti da diverse parti d’Italia. “C’è chi è venuto a Roma dalla Sardegna per dormire al CNR”, ha detto. Le storie di questi lavoratori sono cariche di passione e speranza, come quella di chi ha messo a disposizione le proprie competenze scientifiche in un contesto di crescente incertezza. I progetti di ricerca del CNR potrebbero subire un duro colpo se non si attueranno assunzioni concrete, lasciando un destino incerto a molti professionisti che hanno dedicato anni alla ricerca nella speranza di un futuro migliore.
La precarietà non è solo una questione personale ma collettiva, e il tempo sta per scadere. Con la fine del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che avrebbe dovuto rinvigorire la ricerca pubblica, molti lavoratori si troveranno a dover cercare stranamente altrove per esprimere il proprio potenziale. Cosa implica questo per il nostro paese? Un potenziale “esodo” di cervelli e competenze all’estero, mentre l’industria privata potrebbe assorbire risorse preziose.
Il CNR ha ricevuto un ingente finanziamento insolito dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ammonta a circa 500 milioni di euro. Con l’aggiunta dei progetti da partner, la cifra totale potrebbe avvicinarsi al miliardo. Tuttavia, i precari del CNR vedono in questo risultato un opportunismo temporaneo, piuttosto che una strategia duratura per la stabilizzazione del personale. “Il Piano è stato visto come una semplice regalia”, spiega Antonio Sanguinetti, mentre la ricerca di un lavoro stabile potrebbe apparire sempre più come un miraggio. L’ente di ricerca, invece di utilizzare questi fondi in modo strategico per creare posti di lavoro duraturi, ha solo amplificato il numero dei lavoratori precari.
La legge Madia, che consente la stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato dopo tre anni di servizio, potrebbe rappresentare una possibile via d’uscita, ma per attivarla servono i fondi e altri investimenti sostanziali. Purtroppo, molti all’interno dell’ente avvertono la mancanza di volontà politica necessaria per intraprendere questa direzione. “Il governo Meloni sembra considerare la scienza più come una seccatura che come un investimento”, sottolinea Sanguinetti, lasciando quindi le prospettive di stabilità nell’incertezza.
Ddl governo sono stati avviati sforzi per affrontare la situazione. La presidente del CNR, Maria Chiara Carrozza, ha fatto un’apparizione fugace durante le proteste, contestando le affermazioni riguardanti la precarietà e presentando un imminente concorso per l’assunzione di 90 persone. Tuttavia, questa proposta è stata vista come una goccia nell’oceano dai precari, i quali sottolineano che coloro che hanno diritto alla stabilizzazione sono ben più numerosi. Al dialogo con i precari sono intervenuti anche rappresentanti politici come Elisabetta Piccolotti e Francesco Verducci, per portare la loro solidarietà. È chiaro che l’attenzione su questa questione sta crescendo, ma le azioni concrete sono ciò che veramente interessa i manifestanti.
In supporto alla causa dei precari, anche sindacati come Flc-Cgil e Uil hanno offerto la loro solidale assistenza, con la segretaria nazionale, Gianna Fracassi, che ha ribadito l’importanza della stabilizzazione nel movimento in corso. Durante lo sciopero di oggi, avrà luogo una manifestazione a Roma con la presenza di molti dei precari del CNR, sebbene, per motivi di strategia, solo una delegazione percorrerà le strade. L’occupazione, in ogni caso, continua. Il messaggio è chiaro: il futuro della ricerca in Italia è appeso a un filo e i precari non si fermeranno fino a che non sarà riconosciuto il loro diritto a lavorare in maniera sicura e stabile, contribuendo così al progresso del nostro paese.
Le settimane a venire si preannunciano fondamentali per il destino di molti lavoratori della ricerca, e tutti gli occhi saranno puntati su come si evolverà questa situazione.