La protesta degli specializzandi del sostegno sta guadagnando terreno in diverse Università italiane, dove si stanno organizzando flash mob per attirare l’attenzione del Ministero dell’Istruzione e del Merito. L’obiettivo è sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo a un rischio significativo che potrebbe colpire i più vulnerabili nel sistema scolastico: gli studenti con disabilità. Nelle città di Genova, Bologna e Verona le manifestazioni sono già avvenute, mentre a Torino è prevista una mobilitazione per sabato 29 marzo 2025, alle 13:30 nella zona della Mole Antonelliana. Altri atenei stanno seguendo l’esempio, unendosi a questa crescente onda di protesta in difesa dei diritti delle persone con disabilità e per la salvaguardia della qualità degli insegnanti.
A chiarire le motivazioni alla base della protesta è Paola Mura, specializzanda del sostegno e membro del coordinamento «Mai Dire Indire». Il manifesto redatto con i suoi colleghi del TFA (Tirocinio Formativo Attivo) è incisivo. «Noi, specializzandi e specializzande del TFA Sostegno dell’Università degli studi di Torino, invitiamo i nostri colleghi e colleghe delle altre università d’Italia, le associazioni per i diritti delle persone con disabilità, le famiglie e chiunque sia sensibile ai diritti umani a unirsi a noi. Protestiamo contro le politiche del governo attuale, che ledono i diritti fondamentali delle persone. Negli ultimi mesi, il governo ha rinviato l’applicazione della legge 227/2021, ostacolando la possibilità per le persone con disabilità di elaborare il proprio progetto di vita in condizioni di parità con gli altri. Inoltre, è stata introdotta la facoltà per le famiglie di confermare il docente di sostegno per i propri figli, riducendo di fatto la contitolarità della classe e trasformando il diritto all’istruzione in una questione di favoritismi». Inoltre, «sono stati istituiti nuovi corsi di specializzazione per il sostegno didattico agli studenti con disabilità, privi di selezione, abbreviati, online e senza tirocinio, negando così il diritto ad avere docenti adeguatamente formati».
Il decreto Valditara suscita preoccupazione tra molti aspiranti insegnanti di sostegno e i sindacati. Secondo le disposizioni del ministro, i genitori possono richiedere un insegnante di sostegno per garantire la continuità didattica, a partire dal prossimo anno scolastico, se supportati dalla richiesta della famiglia e dall’accettazione del docente. Le tempistiche sono chiare: fino al 31 maggio, il dirigente scolastico raccoglie le domande delle famiglie, poi, insieme al Gruppo di Lavoro Operativo (GLO), valuta se la conferma è nell’interesse dello studente. La decisione deve essere comunicata entro il 15 giugno 2025 alle famiglie, ai docenti e all’Ufficio scolastico territoriale, che deve ufficializzare la conferma entro il 31 agosto. Le famiglie, quindi, saranno informate prima dell’inizio del nuovo anno scolastico sulla riconferma dell’insegnante di sostegno. Tuttavia, il coordinamento torinese sottolinea che «questo metodo non garantisce la massima qualità dell’insegnamento per gli studenti con disabilità. La scelta dovrebbe essere riservata a chi si specializza, come avviene in altri settori».
Il movimento degli specializzandi evidenzia anche una questione cruciale riguardante la specializzazione. Con l’imminente introduzione della specializzazione proposta da Indire, l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa, è emersa una discussione tra gli aspiranti insegnanti di sostegno pronti a partecipare ai corsi Indire e i specializzandi del TFA tradizionale, che si conseguono nelle università accreditate. I gruppi di specializzandi delle Università di Torino, Genova e Sassari esprimono indignazione: «I nuovi corsi, più brevi e online, danneggiano i diritti di chi ha già completato la specializzazione o sta seguendo un percorso di formazione in presenza, che include laboratori, tirocini e programmazione didattica, in linea con i principi della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità».
I percorsi Indire si svolgeranno online e, in alcuni casi, saranno gestiti anche da Università convenzionate, rivolgendosi a docenti con almeno tre anni di servizio nel sostegno e a coloro che hanno ottenuto una specializzazione all’estero in attesa di riconoscimento in Italia.