Le terapie long acting stanno cambiando radicalmente il modo in cui le persone convivono con l’Hiv
Non si tratta solo di una nuova soluzione terapeutica, ma di un vero e proprio cambiamento nella psicologia dei pazienti. La prospettiva di passare da una pillola quotidiana a un’iniezione ogni due mesi promette di migliorare non solo il benessere fisico, ma anche quello mentale. Con questo focus innovativo, il dibattito continua a centrare l’attenzione sull’importanza di un’assistenza sanitaria accessibile e personalizzata.
Immagina di non dover più pensare alla compresa da assumere ogni giorno. Questo è esattamente ciò che le terapie long acting offrono. Secondo Roberto Rossotti, medico infettivologo dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano, la transizione da un regime quotidiano a uno che prevede visite in ospedale ogni due mesi ha un impatto considerevole sulla consapevolezza e sull’accettazione da parte dei pazienti. Non è solo una questione legata all’assunzione di farmaci, ma anche alla gestione dell’ansia e della stigma sociale che ruotano attorno alla malattia. Dimenticare una pillola, sentirsi osservati o addirittura giudicati possono essere momenti di grande stress. Con le terapie long acting, si riduce il bisogno di preoccuparsi di questo aspetto.
Inoltre, questo approccio si è dimostrato migliorare l’aderenza alla terapia. Quando le persone sanno che la loro medicina è iniettata ogni due mesi, la vita quotidiana assume un ritmo più regolare, liberando spazio nella mente per altri pensieri. Ogni appuntamento con il medico diventa anche un’opportunità per monitorare gli aspetti clinici e psicologici della salute, creando un ambiente più favorevole al dialogo e alla pianificazione di ulteriori trattamenti. È una vera e propria rivoluzione per chi vive con l’Hiv.
Massimo Andreoni della Società italiana di malattie infettive e tropicali illustra il funzionamento delle terapie long acting. Questi trattamenti utilizzano farmaci a rilascio lento, capaci di mantenere livelli terapeutici nel corpo per tempi più lunghi. Attualmente, disponibili trattamenti che garantiscono copertura settimanale, ci sono anche prospettive di sviluppi futuri per terapie con durate ancora più estese, arrivando fino a diversi mesi. Questo vantaggio non è solo clinico, ma migliora significativamente la qualità della vita di chi convive con l’Hiv.
Andreoni evidenzia che la somministrazione regolare di queste terapie non è un mero dettaglio, ma una vera e propria scelta strategica. Rimuovendo la necessità di dosi quotidiane, i pazienti possono sperimentare una vita più serena e meno oppressiva. Pensando a lungo termine, le terapie a rilascio prolungato hanno anche il potenziale di essere utilizzate come forme di prevenzione, come nella profilassi pre-esposizione , fornendo così una protezione ulteriore per le persone a rischio. Una sorta di doppio vantaggio che, se realizzato, potrebbe incidere enormemente sul controllo dell’infezione.
Un aspetto chiave delle terapie long acting è rappresentato dal follow-up. Recarsi regolarmente in ospedale per la somministrazione del trattamento non si limita al semplice fatto di ricevere un’iniezione; è anche un’opportunità per monitorare e gestire la salute di chi è in trattamento. Rossotti sottolinea come la regolarità dei controlli possa portare a risultati migliori, non solo dal punto di vista clinico, ma anche mentale. La struttura di supporto attorno al paziente diventa quindi fondamentale.
È opportuno evidenziare la necessità di organizzazioni mirate per facilitare l’accesso ai trattamenti. Andreoni avverte che l’efficacia di queste terapie non è solo nella loro struttura, ma anche nella logistica che deve sostenerle. Ambulatori specifici e checkpoint a livello territoriale sono essenziali per abbattere le barriere all’accesso. Chi si occupa di questo tipo di terapie deve essere ben preparato e avere le giuste competenze per assistere i pazienti nel loro percorso di cura.
Il dialogo tra medico e paziente rappresenta un punto fondamentale nella somministrazione delle terapie. Rossotti afferma che una comunicazione chiara e diretta è cruciale; gli accordi sulle tempistiche e la gestione degli imprevisti devono essere ben definiti. È proprio attraverso una relazione solida che il paziente può sentirsi supportato e consapevole delle proprie scelte terapeutiche. La sensibilizzazione della popolazione riguardo all’Hiv fa parte di un piano più ampio.
Le ditte farmaceutiche sono coinvolte attivamente in questo processo. Simone Marcotullio, communication and policy lead di ViiV Healthcare Italia, definisce tre linee di intervento. Innanzitutto, portare le conoscenze sull’innovazione ai medici. In secondo luogo, collaborare con i centri clinici per identificare e superare le barriere all’innovazione. Infine, c’è l’importanza di sensibilizzare le persone vive con l’Hiv. Solo attraverso un’interazione proficua tra medici e pazienti si può percorrere la strada di un trattamento efficiente e duraturo.
In vista di eradicare il virus entro il 2030, l’educazione è essenziale. Informare il pubblico su come può essere prevenuto l’Hiv, insieme a strategie di prevenzione informativa, è ciò che mira a ottenere la comunità scientifica e medica, creando un futuro che mira ad azzerare le nuove infezioni.